Studio Pillitu Meroni

Città di Castello

Al numero 30 di Corso Vittorio Emanuele, la più prestigiosa via cittadina dove fanno ala le belle facciate di antichi palazzi, si trova lo Studio Pillitu Meroni, già studio legale dell’avvocato Luigi Pillitu (1907-1998); qui si conservano le carte relative alla sua attività professionale e politica così come l’archivio del suocero Guido Meroni (1877-1962), Rettore del Collegio Convitto Serafini di Città di Castello dal 1924 al 1943.

L’edificio è noto in città come Palazzo Pierleoni, dal nome della nobile famiglia che lo acquistò presumibilmente nel corso del XVIII secolo. Il palazzo conserva un aspetto cinquecentesco ed è caratterizzato da eleganti decorazioni interne risalenti ai secoli XVIII e XIX, mentre la facciata, che subì modifiche tra Sette e Ottocento, presenta dei medaglioni in terracotta sopra le finestre del primo piano, raffiguranti personaggi dell’antichità – forse imperatori romani – che ricordano analoghi soggetti scolpiti dall’artista fiorentino G. B. Foggini e conservati nella Castelluccia del Parco delle Reggia di Caserta.

Varcato il portone d’ingresso, si possono ammirare nell’androne dei bei portali in arenaria che presentano sugli architravi delle scritte in latino;  si tratta di alcune massime o precetti e di una citazione tratta dalle Bucoliche di Virgilio (Ab Jove principium, III, 60). Alla sommità dell’arco che sovrasta lo scalone è scolpito lo stemma della famiglia Pierleoni, di antico lignaggio, il cui ramo umbro si stabilì nel primi decenni del XVIII secolo a Città di Castello.

Il pianerottolo del piano nobile, le cui finestre si affacciano sul cortile,  introduce all’appartamento studio. Il primo vano, una sorta di vestibolo-ingresso, oltre ad un imponente stemma Pierleoni dipinto sulla parete, presenta in cornice il primo manifesto che venne affisso sui muri della città dopo la Liberazione: vi si legge che Luigi Pillitu venne nominato dal Governo Militare Alleato primo Sindaco del dopoguerra il 25 luglio 1944, incarico che mantenne fino al 12 aprile 1945.

La sala successiva presenta interessanti decorazioni alle pareti; entro cornici in stucco sono dipinti alcuni episodi tratti verosimilmente dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso (1544-1595): il primo sulla parete di sinistra raffigura  Rinaldo e Armida (XVI, 20), segue il Battesimo di Clorinda da parte di Tancredi (XII, 69) e infine Erminia fra i pastori (VII, 6). Nel riquadro sopra il caminetto compare l’effige in marmo di un personaggio religioso, potrebbe forse trattarsi di Florido Pierleoni (1742-1829), vescovo di Acquapendente, una delle figure di spicco della famiglia, e che molto si adoperò nel processo di beatificazione e canonizzazione di suor Veronica Giuliani.

All’interno di questo ambiente sono state sistemate tre sedie da cinema in legno che ricordano una delle attività imprenditoriali di Luigi Pillitu: la gestione del Cinema Teatro Vittoria di cui fu direttore e comproprietario a partire dagli anni ’40 del secolo scorso.

Nella stanza attigua, rivolta a sud, compaiono decorazioni a grottesche, raffigurazioni di divinità e personaggi mitologici che fanno da cornice al grande stemma Pierleoni dipinto al centro del soffitto. Questo spazio raccoglie oggetti e memorie legati al Collegio Serafini, fondato a Città di Castello dal prof. Silvio Serafini nel 1894 per “impartire ai giovani un’educazione morale, religiosa, intellettuale e fisica atta a renderli utili alla famiglia e alla società”.

La proprietà fu in seguito rilevata da Guido Meroni, che rinnovò e rese più razionale l’edificio presso l’antico convento dello Spirito Santo e che introdusse a Città di Castello tutti i corsi di istruzione medio-superiore. Ritornando indietro, si accede a quella che doveva essere una camera da letto, provvista di alcova. La volta affrescata presenta al centro tre amorini incorniciati da un festone di frutta e tutto intorno animali, tra cui un gatto e un cane dall’espressione quasi umanizzata, e paesaggi, con borghi fortificati sulle rive di fiumi o in prossimità del mare.

Il salone successivo che celebra negli affreschi del soffitto le quattro stagioni presenta mobili di pregio. All’interno del camino è scolpita una Fenice, l’animale favoloso che rinasce dalle proprie ceneri. Al centro della volta compare Apollo che guida il carro del Sole, annunciando il giorno e scacciando via la Notte che fugge coprendosi con il proprio mantello. Nei sottostanti riquadri sono raffigurate le Stagioni, le soste del Sole nel percorso circolare dell’anno. Nei lati lunghi della stanza sono dipinti l’Inverno, un vecchio che si sta scaldando vicino ad un braciere mentre dei puttini lavorano per procurare legna da ardere, e l’Estate, giovane donna con in mano un mazzo di spighe e un falcetto da mietitore.

Tutto intorno si vedono altri putti intenti alla battitura del grano. La Primavera e l’Autunno, affrescati sui restanti lati brevi della stanza, sono raffigurati rispettivamente come una fanciulla seduta in un giardino fiorito, incoronata da un amorino, e come Dioniso o Bacco, con una corona di edera sul capo e in mano il tirso, il lungo bastone sormontato da un viluppo d’edera a forma di pigna. Il giovane dio solleva con l’altra mano una coppa di vino, mentre un putto sta trasportando un piccolo carretto carico d’uva e di frutta autunnale.

Agli angoli del soffitto compaiono quattro divinità: Era – Giunone, affiancata dal pavone, simbolo della dea e suo animale sacro,  Poseidone – Nettuno, con barba e lunghi capelli raffigurato nell’atto di impugnare il tridente, una figura femminile con una corona turrita in testa e uno scettro in mano, seduta accanto ad un leone e un tamburo, forse raffigurante la dea Cibele e infine Efesto –Vulcano, con i suoi simboli tradizionali: l’incudine e il martello.

Spostandosi nello spazio successivo si entra in una stanza dove sono state sistemate alcune vetrine che espongono pregevoli esemplari di ceramica. Si tratta di opere realizzate da artisti quali Corrado Cagli (1910-1976) che lavorò negli anni Trenta del secolo scorso per le Ceramiche Rometti di Umbertide, una tra le più importanti manifatture artistiche del Novecento, anch’essa ben rappresentata nell’esposizione dello Studio Pillitu Meroni.

Vi è esposto anche un servizio da tè firmato da Aldo Riguccini (1913-1992), in arte de Rigù, poliedrica figura di pittore, designer e ceramista tifernate e di altri esponenti dell’ambiente artistico locale quali Dante (1904-1953) e Massimo Baldelli (1935-2003). Non mancano poi pezzi prodotti a Deruta negli stessi anni Trenta.

L’ultima saletta è dedicata a Jole Meroni , figlia di Guido Meroni e moglie di Luigi Pillitu, scomparsa nel 1990. La figlia Paola (1940-2013) ha voluto ricordare l’amatissima madre esponendo alcuni oggetti – cappellini e scarpe – a lei appartenuti.

Il lascito Pillitu Meroni include anche una collezione di ceramiche dell’Ottocento e del Novecento che occupa un’intera sala dell’appartamento: pezzi singoli e in serie, vasi, lampade e sculture locali e prodotti a Deruta negli anni Trenta.

Di notevole interesse sono le ceramiche realizzate da Corrado Cagli (1910-1976) che lavorò per le Ceramiche Rometti di Umbertide, una tra le più importanti manifatture artistiche del Novecento; esposto nella collezione Pillitu il “Vaso con scena campestre” è uno dei pezzi più importanti della collezione.

Nella sala sono esposte anche altre ceramiche di esponenti dell’ambiente artistico locale quali Dante (1904-1953) e il figlio Massimo Baldelli (1935- 2003). Dante, dapprima direttore artistico alle Ceramiche Rometti, e poi fondatore delle Ceramiche Baldelli, lavora a stretto contatto con Cagli ma anche con Alberto Burri. La sua morte prematura permette al figlio Massimo di prendere in mano le redini dell’azienda a soli 18 anni, giungendo a un affinamento di design per il prodotto seriale, che portò a un grande successo negli anni del boom economico. Nel 1972 la sua Linea Italia approdò da Harrods e Macy’s e i servizi con le scritte ‘servitevi’, ‘olio’, ‘buon appetito’ furono la semplicità di un export di successo. Venne coinvolto anche da Alberto Burri nella realizzazione dei due grandi Cretti neri per il Museo di Capodimonte e l’Università di Los Angeles.

Nella ricca collezione di Palazzo Pierleoni vi sono anche opere di Aldo Riguccini (1913-1992), in arte De Rigù, poliedrica figura di pittore, designer e ceramista tifernate; egli conobbe l’arte ceramica alla Scuola Operaia Bufalini grazie al contributo di Dante e Angelo Baldelli e progettò opere di varie forme e dimensioni con colori vivaci disposti su diverse tipologie di superficie. Le sue ceramiche, realizzate singolarmente o prodotte in serie, divennero un settore dove l’artista poté esplorare la propria creatività e fantasia; bellissimo il servizio da tè.

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Corso Vittorio Emanuele 30
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